Cari amici,
vi scrivo questa lettera in relazione all’esclusione della cooperativa Equoland dalla vostra manifestazione Altrocioccolato in seguito alla loro decisione di aderire alla manifestazione Eurochocolate di Perugia.
Parlando telefonicamente con un vostro associato mi sembra di aver colto che le ragioni principali sono le seguenti:
• non è possibile, in coerenza, partecipare a due manifestazioni di segno diametralmente opposto, una nel segno del commercio equo, l’altra sponsorizzata da una multinazionale dell’alimentazione come la Nestlè, da più parti criticata dal punto di vista etico, nel suo approccio sia con i produttori/lavoratori che con i consumatori.
• Equoland si differenzia dalle altre organizzazioni italiane di commercio equo e solidale, le quali non partecipano ad Eurochocolate.
La scelta di Equoland viene ad intaccare il valore simbolico costituito dal presentare un commercio equo unito nel rivendicare la diversità rispetto alle dinamiche commerciali predatorie ed inique delle multinazionali coinvolte in Eurochocolate.
Premetto che, personalmente, all’interno della diatriba “commercio equo nella grande distribuzione SI o NO”, penso che la GDO sia uno dei canali che possono permettere di allargare il mercato a beneficio delle organizzazioni di produttori (cosa che in parte sta accadendo), ma che le modalità con cui il commercio equo si sta rapportando con questo canale non siano adeguate a produrre i cambiamenti significativi che ci proponiamo. Detto ciò, cerco di esprimere la mia posizione a proposito della questione Equoland/Altrocioccolato, partendo dalle vostre ragioni.
• Il primo punto riguarda la coerenza, ovvero la contraddittorietà insita nel presentarsi a due manifestazioni di segno opposto, ovvero ancora, sostenere il commercio equo da un lato e fare affari col mercato convenzionale dall’altro (multinazionali,GDO, centri commerciali, ecc). Beh ragazzi, ho una notizia: la coerenza così intesa si è estinta già da un po’! Sappiamo tutti oramai che il commercio equo nella sua forma originale, che si propaga attraverso botteghe, e associazioni della società civile, ha incontrato una serie di limiti che non sto a specificare in quanto credo ne abbiate discusso abbondantemente. Per ovviare a questa problematica da tempo il commercio equo ha cercato altre strade, dal punto di vista commerciale, alcune hanno portato a lavorare con negozi o catene di alimentazione biologica e erboristeria, altre a rapportarsi alla GDO, altre ancora ad aprire spazi nei centri commerciali, o a sperimentarsi nel, settore del merchandising e della regalistica aziendale (come ad esempio la cooperativa cui appartengo, altraQualità) o ancora a specializzarsi nel servizio a mense e distributori automatici. Tutto giusto, per il bene dei produttori e per la sostenibilità delle nostre organizzazioni. Non è sfuggito ai più, che uscendo dal bozzolo ci si è dovuti, più o meno “sporcare le mani”, ossia venire a compromessi con aziende che hanno un impostazione valoriale diversa e spesso opposta alla nostra (almeno nei fatti, a parole il mensile “coop consumatori” ci insegue sul nostro terreno…). Ciò ha portato a grandi critiche e interminabili discussioni all’interno delle varie organizzazioni e nella sede comune di AGICES, con il risultato di trovare, tutti assieme, le forme ed i modi attraverso i quali ognuno possa lavorare liberamente su quasi ogni mercato.
Venendo al commercio equo che non partecipa ad Eurochocolate, so che non vi è sfuggito che da tempo Transfair partecipa alla manifestazione. Certo, noi ci sforziamo di considerare TF qualcosa di altro da noi, dal commercio equo vero e proprio, salvo accettare il fatto che loro si definiscano “marchio di garanzia e certificazione del commercio equo e solidale” (e come potremmo impedirglielo?) e che chiunque vada alla manifestazione perugina da alcuni anni vi trovi uno spazio definito “di commercio equo”. Ma sforzandosi di ragionare, Transfair credo partecipi alla manifestazione non solo per fare bella mostra di se, quanto per cercare contatti commerciali a favore dei suoi associati, tra i quali troviamo Commercio Alternativo, ospite di Altrocioccolato, che non partecipa direttamente a Eurochocolate ma che ne beneficia indirettamente, esibendo il marchio per acquisire contratti nella grande distribuzione, discount compresi. Altromercato non è presente e non è socia di Transfair, ma ha generato una struttura apposita per far transitare la maggior parte di ciò che è vendita alla GDO al di fuori del “mondo del commercio equo”, nel senso di quello rappresentato a Gubbio durante Altrocioccolato.Tra le altre cose credo che la cooperativa Quetzal di Modica abbia partecipato all’appendice siciliana di Eurochocolate e che sia presente all’interno di una delle iniziative della fiera di quest’anno. Dunque la posizione di Equoland è tanto disdicevole? Perché non paragonare la GDO” ad Eurochocolate? Molte delle aziende della GDO non lavorano di certo con modalità che noi possiamo condividere (modalità commerciali e di rapporto con i dipendenti, Coop inclusa direi) ospitano nei loro scaffali tonnellate di prodotti di multinazionali, prodotti inquinanti, e quant’altro. Le catene commerciali campano sui proventi che provengono da gigantesche imprese come Nestlè e non si sognano lontanamente di sostituire i prodotti della multinazionale elvetica con quelli equi. Insomma, a ognuno il suo mercato, gli aficionados di Nestlè, gli equi, i celiaci, gli animali domestici, ecc.. Qual è la differenza?
Cosa rende Eurochocolate tanto peggio di una qualsiasi catena della GDO che distribuisce gli stessi prodotti acriticamente e guadagnandoci?
Ma Equoland ha un torto evidente rispetto agli altri, ha “spezzato il fronte unito”, ha creato una falla, un pericoloso precedente. Ma quel fronte è immaginario e non privo di ipocrisia. Seriamente, non potete non aver pensato che tutti stanno sulle barricate con voi perché ha un utilità “simbolica”, mentre le loro avanguardie da anni “negoziano col nemico”.
“Negoziano col nemico”, è un immagine utile, ma sgombro subito il campo da idee di cospirazione. Io penso che nessuno di noi abbia abbandonato il campo, è solo che il fronte si è spostato. Il nostro lavoro si è fatto più complesso tanto più abbiamo, giustamente, accresciuto le nostre aspirazioni e, se vogliamo agire sul mercato, senza rimanere residuali e senza esserne schiacciati, dobbiamo e dovremo accettare più di una sfida. Guardiamoci negli occhi, parliamone e cerchiamo di arrivarci attrezzati e coerenti con i nostri principi.Tornando ad Equoland, in questo caso rischiate di farne il capro espiatorio di una situazione che è destinata a sfuggirvi di mano. Tra l’altro è un bersaglio facile, nel senso che è una cooperativa cui nessuna bottega umbra compra il cioccolato, dunque una critica forte che non mette a rischio un rapporto. Proprio a questo proposito, vorrei farvi notare come Equoland ha sempre partecipato attivamente alla vostra iniziativa, portando informazioni, portando il laboratorio di cioccolato, facendo degustazione gratuita in quantità industriale e malgrado ciò, nessuna bottega Umbra compra il loro cioccolato. Tra l’altro si tratta del progetto migliore in Italia, dal punto di vista del cacao equo, unico (a parte forse Libero Mondo) che compra direttamente il cacao dai produttori e non da importatori o trasformatori FLO, l’unico che ha finanziato ai produttori l’acquisto di macchinari e la formazione, l’unico che ha completato la filiera aprendo un proprio laboratorio di produzione in Italia e di sicuro quello che paga di più la materia prima. Malgrado ciò, rapporti societari e contratti valgono più della qualità del progetto. E’ plausibile, ma per favore non rivestiamo queste motivazioni di eccessivi significati etici. Anche perché queste scelte rischiano di far fallire l’intero progetto per mancanza di mercato. E’ davvero singolare che un progetto che ha visto tanti sforzi, umani ed economici, per arrivare ad una filiera completa, rischi di morire perché il suo mercato di riferimento non lo sostiene. Ad ogni modo se così è, Equoland fa bene a cercare la sostenibilità del progetto e della filiera che coinvolge molti produttori, al di fuori del mondo del commercio equo (sempre intendendo quello rappresentato a Gubbio).
In ultimo, non vorrei che pensiate che ho improvvisamente preso in antipatia la vostra manifestazione, che di certo è significativa e soprattutto è sostenuta e realizzata da uno sforzo di volontariato encomiabile, di persone che realmente credono nelle finalità dell’iniziativa. Ciò che propongo è di discutere assieme di finalità e modalità e soprattutto di riflettere su una questione: in un mondo globalizzato il nemico non può essere a Perugia, certo è anche li, ma la vostra manifestazione merita, e ha necessità di un respiro molto più ampio.Spero che queste mie parole valgano per ciò che sono, ossia una critica a amici portata con la speranza di fare assieme un ulteriore passo avanti.
Saluti solidali,
David Cambioli