Lo chiamano libero commercio. In realtà anche il Free trade agreement tra Ue ed India, come molti altri trattati di libero commercio tra Paesi a sviluppo avanzato e Paesi in via di sviluppo, finirà per favorire le multinazionali europee a scapito della salute e del benessere dei più poveri, in India come altrove.
In questi giorni a Bruxelles hanno luogo gli ultimi decisivi incontri per la stipula del Trattato di libero commercio (FTA) tra India ed Unione Europea. Dopo quattro anni di negoziati, il primo ministro indiano Manmohan Singh sembra deciso a cedere su molte delle richieste dei funzionari Ue. La rabbia e le proteste non si sono fatte attendere, e pochi giorni fa un corte di oltre 2mila persone ha chiesto al governo di tornare sui suoi passi.
Nel trattato ci sono infatti clausole estremamente stringenti per la tutela dei brevetti che, se approvate, darebbero il colpo di grazia alla produzione indiana di farmaci salva-vita a basso costo (tra cui i fondamentali farmaci anti-retrovirali per sieropositivi e i farmaci contro malaria ed epatite C). Lo denuncia anche la campagna di Medici senza frontiere “Giù le mani dalle nostre medicine“: «Oltre l’80% dei farmaci anti-retrovirali che i nostri medici somministrano a più di 160mila persone nei Pvs sono farmaci generici a basso costo prodotti in India» spiega Paul Cawthorne, portavoce di Msf.
Negli ultimi anni la produzione indiana di farmaci generici ha avuto l’effetto di un terremoto nel mercato, dominato dalle grandi case farmaceutiche: dal 2000 al 2010 il prezzo dei farmaci anti-retrovirali è sceso del 99%, da 10.000 $ a 70 $ a paziente per un trattamento completo. «Tutti facciamo affidamento sulle medicine low-cost indiane per sopravvivere» conferma Rajiv Kafle dell’Asia pacific network of positive people, un’organizzazione che riunisce cittadini sieropositivi da tutto il sub-continente indiano.
Con il Trattato di libero commercio in discussione tutto ciò è destinato a scomparire. Tre sono gli aspetti più controversi.
Il primo è il sistema dell’esclusività dei dati (“data exclusivity”): non sarà più possibile accedere ai risultati dei test e degli studi realizzati da chi detiene il brevetto, per un periodo non inferiore ai 10 anni. In questo modo viene di fatto congelata la produzione a basso costo di farmaci generici. Secondo i lobbysti di queste multinazionali non introdurre il “data exclusivity” darebbe un “ingiustificabile vantaggio” ai produttori di generici. “Ingiustificabile vantaggio” che in realtà si traduce nella condivisione sociale della ricerca e nel miglioramento della qualità della vita delle persone più povere.
In secondo luogo, è ancora più preoccupante il fatto che l’esclusività dei dati si applicherebbe anche a prodotti che per la legge indiana non richiedono un brevetto. «Agendo sottobanco come protezione per tutelare i monopoli, l’esclusività dei dati bloccherebbe lo sviluppo di nuove combinazioni farmaceutiche a dose fissa, che permettono di condensare più medicine in un’unica pillola, nonostante queste non possano essere messe sotto brevetto in India» spiega Medici senza frontiere.
Infine, l’Ue ha proposto un particolare meccanismo per la risoluzione delle controversie: l’impresa potrà impugnare di fronte a un arbitro internazionale qualunque provvedimento del governo che possa nuocere ai propri investimenti nei campi della salute, dell’energia, dell’ambiente, con la possibilità di richiedere esosi risarcimenti. «Dall’altro lato se il governo vuole perseguire l’impresa, dovrà passare attraverso l’iter giudiziario nazionale, senza potersi appellare direttamente al diritto internazionale» spiega Kavaljit Singh, direttore del Public interest research centre di New Delhi. In parole povere, se il governo indiano approvasse leggi ambientali più severe l’impresa potrebbe chiedere i danni appellandosi ad un arbitro internazionale; se invece quella stessa impresa si rendesse colpevole di un disastro ambientale, per ottenere giustizia servirebbero molti anni. Ad esempio si veda la controversia tra Uruguay e Philip Morris sulla prevenzione contro il fumo (qui e qui).
Un primo assaggio di quali saranno gli effetti, se il Trattato fosse firmato, lo si è avuto con l’ingresso dell’India nel Wto, avvenuto nel 2005. Da allora il governo ha avuto l’obbligo di rilasciare brevetti ventennali per i nuovo farmaci, con immediate ricadute negative sulla produzione di fondamentali farmaci generici.
Contro il Free trade agreement il 3 marzo sono scese in piazza oltre 2mila persone, sieropositive e non, sfilando sotto i palazzi del governo indiano per difendere un diritto di base, sancito da dichiarazioni su dichiarazioni universali: quello alla salute. Un diritto che, naturalmente, vale molto meno di zero se sull’altro piatto della bilancia c’è la tutela del “libero” commercio.
E’ un accordo scellerato, quello che i funzionari del “nostro” governo europeo stanno imponendo ad un Paese spaccato tra un’elite educata nelle prestigiose università inglesi e bramosa di sviluppo e capitali e la stragrande maggioranza dei cittadini, le cui vite sono solo profitti mancati per alcune grandi multinazionali di casa nostra. Farsi sentire contro questo accordo, come stanno facendo in India e come invita a fare Msf, è importante. Altrettanto importante è saper scegliere quale aggettivo preferiamo accostare alla parola “commercio”. “Libero” o piuttosto “giusto”?
Claudio Magliulo per altraQualità
Oltre a invitarvi a firmare la campagna di Medici senza frontiere, vi segnaliamo un video semplice e incisivo promosso da Stop aids campaign e Medici senza frontiere.