Per chi non è potuto venire a incontrare NCO e Cleprin, ecco il racconto della giornata pubblicato da Ferrara-Italia
Un’industria chimica che ha avviato la produzione di detergenti in eco-dosi idrosolubili e completamente eco-compatibili e un consorzio di cooperative sociali che, attraverso la cultura dell’inclusione e della legalità, mira alla creazione di lavoro dignitoso per le persone in difficoltà.
Sono Cleprin e NCO-Nuova Cooperazione Organizzata e hanno più di una cosa in comune: entrambe hanno sede nella provincia di Caserta, entrambe sono emblemi della legalità in quel territorio, entrambe pensano che il modo migliore per combattere la camorra sia un percorso di riappropriazione e rigenerazione del territorio campano attraverso la creazione di un sistema economico legale ed etico come antidoto all’economia criminale.
Ieri mattina nella sede dello show-room di altraQualità in via Toscanini a Ferrara, Antonio Picascia, amministratore delegato Cleprin, e Simmaco Perillo di NCO hanno raccontato, oltre ai propri prodotti, la storia di un progetto di riscatto per un intero territorio che li porterà addirittura a Expo 2015, con il progetto “We are”.
Antonio ha cominciato raccontando i tentativi prima di infiltrazione nella Cleprin e poi di estorsione da parte del clan di Sessa Aurunca, affiliato ai Casalesi. Aver scelto la propria dignità e la propria libertà di imprenditori denunciando l’accaduto alle forze dell’ordine ha significato un cambiamento radicale: “15 Km separano la Cleprin dalla stazione dei Carabinieri di Mondragone, ma mentre percorrevo quella breve distanza mi rendevo conto che non stavo attraversando solo uno spazio fisico, stavo lasciando la vita come l’avevo condotta fino ad allora, senza conoscere la camorra”. Antonio sottolinea che quello è stato un cambiamento in meglio perché ha incontrato “persone capaci, professionisti, uomini sensibili”, a cominciare dai Carabinieri fino ad arrivare a Raffaele Cantone, allora procuratore della Dda di Napoli. Antonio racconta che, contrariamente a quello che spesso si sente dire, “io ho verificato che lo Stato era presente e efficace, era la società civile a essere assente: io e il mio socio ci siamo trovati nella più profonda solitudine”. Ma è stato un’altro cambiamento in meglio, anche perché da allora, era il 2007, è cominciata la sua storia di “impegno sociale e civile che mi fa stare in pace con la mia etica e con la mia coscienza e questo mi fa lavorare meglio”, senza contare che ha incontrato Simmaco e tante altre persone impegnate sul fronte della legalità. Certo, esiste anche il rovescio della medaglia: denunce anonime per presunte problematiche inerenti l’attività aziendale e nell’agosto del 2010, per un mese intero, lo sversamento di percolato davanti all’azienda.
Il problema però, sottolinea Antonio, non sono loro, ma le persone comuni che dicono “era proprio necessario tutto questo?”. Anche da qui nasce il percorso con Simmaco e NCO per scalfire questo modo di pensare e di agire e creare quelle condizioni che permettono alle persone “di affrancarsi e non essere soggette al clientelarismo”.
E sul tema della possibilità di un riscatto torna anche Simmaco: un riscatto che parte dal far conoscere il “movimento di resistenza che esiste in provincia di Caserta da più di 30 anni”, “gli sforzi che si fanno e da dove nascono”, poco raccontati perché fanno molta più audience la “bruttura”, la “monnezza” e “il morto ammazzato”. Quello di Simmaco è l’orgoglio di chi tiene alla propria terra e quindi denuncia il sistema della criminalità organizzata, ma il giorno dopo, partendo da quella stessa terra e dalle sue contraddizioni, propone delle soluzioni per andare oltre, per dare a chi ci abita una possibilità di scegliere una strada diversa dall’illegalità. Anche lui afferma che il problema non è più, o non è tanto, l’organizzazione militare, ma il sistema culturale e le forti connessioni con il sistema economico legale, il che significa che “ognuno di noi la mattina si alza e ha a che fare con questa gente” andando al lavoro. Per questo l’antidoto è “un’economia sociale, una proposta economica solida, concreta, efficace” e nello stesso tempo basata sulla qualità e su valori etici e sociali.
Accanto a questo c’è il cambiamento da provocare a livello culturale. L’idea di entrare e riutilizzare i beni confiscati nasce dall’idea di farli diventare simboli di qualcosa di diverso dal potere mafioso: “ce l’abbiamo fatta”, oggi sono diventati centri di incontro e di elaborazione di una nuova cultura. E una cultura ha bisogno di parole, per questo Simmaco afferma con forza “riprendiamoci i termini”, togliendoli alla camorra per “rigenerarli”: da qui l’idea di chiamare il consorzio delle cooperative NCO, lo stesso acronimo di quella Nuova Camorra Organizzata che negli anni ’70 e ’80 ha segnato una svolta nella storia criminale del casertano.
Dal 2012 Nco significa Nuova Cucina Organizzata, Nuovo Commercio Organizzato e Nuova Cooperazione Organizzata, perché “ la parola è oggetto di cambiamento e se ognuno di noi utilizza le parole giuste veicola il cambiamento”. “Proviamo insieme ad alimentare il cambiamento”, è l’appello finale di Simmaco. Ha ragione Simmaco: bisogna riappropriarsi delle parole e trovare il modo di usarle a vantaggio del territorio. E allora riutilizziamo l’ormai stereotipata definizione di “terra dei fuochi”, perché nel casertano a bruciare non sono solo i cumuli di rifiuti tossici illegalmente sversati nelle campagne del casertano, ma anche la passione che anima persone come Antonio e Simmaco e chi lavora con loro, tante scintille che giorno per giorno cercano di innescare nel proprio territorio e nella società civile il fuoco della legalità.
Anche i quotidiani locali hanno seguito il nostro incontro, ecco l’articolo del Resto del Carlino.