Alla fine degli anni novanta, quando il commercio equo iniziava (in Italia) a essere più di una semplice stranezza esotica, quando le centrali di commercio equo vedevano raddoppiare il fatturato e sperimentavano nuovi prodotti e collaborazioni, quando anche i giornali parevano notare l’esistenza delle Botteghe del Mondo, quando tutto questo accadeva, allora apparve anche la nuova figura del consum-attore. Critico, consapevole, capace di scegliere e di rifiutare, attore veramente sul grande palcoscenico del mercato: era il nostro eroe, colui che sicuramente avrebbe letto le schede prodotto e quelle dei progetti che noi, lavoratori e volontari del commercio equo creavamo apposta per lui, con grande ricchezza di dettagli e particolari. Consum-attore appariva ovunque: negli articoli, nei percorsi per le scuole, nei progetti di comunicazione, tutti usavamo questa parola e celebravamo la sua ombra. I sociologi si sperticavano sul consumatore post moderno, edonista e fusion, ma noi avevamo l’incrollabile fiducia nel nostro consum-attore che faceva salire, anche in tempi non natalizi, le vendite nelle botteghe del mondo e viveva con la Guida al consumo critico in mano. E ora? In tempi di crisi, quando avremmo più bisogno di lui, dove è finito? E’ diventato anarchico, sanciscono i sociologi. Una ricerca di Fabio Morace del Sole 24ore e del Future Concept Lab ci avverte sulla mutazione in atto: è diventato un consum-autore, imprevedibile protagonista delle scelte, che naviga tra outlet, saldi anticipati e baratto. Protagonista allora solo nella modalità di acquisto, negli spazi di consumo, ma non nella valutazione etica su ciò che acquista. Sono i “Posh Tweens, Expo Teens, Linker People, Unique Sons, Sense Mind Builders, Singular Women, DeLuxe Men, Normal Breakers, Pleasure Growers” caratterizzati da quanto comprano e dove spendono, scatoline da riempire ad uso e consumo delle grandi aziende che conoscono i loro linguaggi, punti deboli e desideri profondi. Parrebbero questi, secondo il saggio, i nuovi abitanti del pianeta mercato. Noi non ci arrendiamo, però. Il consum – attore c’è ancora, lo sappiamo. Forse la sua voce è più fioca, il suo andare più sospetto e felpato, ma c’è e può ancora contagiare, sperare e sognare, mentre gli altri sono in fila per i saldi.
C’era una volta il consum-attore
01
Feb